L'ars Medica
Paolo Piga - Specialista in chirurgia d'urgenza e pronto soccorso
Ospedale di Circolo di Varese, ASST - Sette Laghi

Il titolo di uno scritto può avere l'intento di esplicitare sin da principio quello che sarà il pensiero che si intende sviluppare, altre volte mira invece ad evocare curiosità e quindi interesse rispetto al contenuto a cui prelude. In questo caso è intervenuta un ulteriore modalità, nel senso che dal titolo è scaturita la riflessione. Infatti mi sono chiesto quali siano state le ragioni capaci di indurre gli antichi a definire " Ars" la nostra professione. Prendere spunto dalla definizione espressa in un antico e nobile linguaggio come il Latino, non è casuale, per quanto personalmente ritenga il latino assolutamente attinente alla modernità. Tuttavia tale scelta sottende ad un preciso fine: ricordare le radici e la natura di una disciplina la cui pratica e la cui evoluzione hanno seguito percorsi e modalità differenti rispetto ad altre abilità.
Mi permetto di portare ad esempio l'applicazione di nozioni ingegneristiche nell'ambito dell'architettura monumentale. Naturalmente sono pronto ad essere corretto da chi possiede in tale campo competenze a me sconosciute. Continuando a riferirci all 'antica Roma, consideriamo uno dei più grandiosi monumenti prodotti da quella civiltà: il Pantheon. Un moderno architetto potrebbe definirsi più abile rispetto a chi progettò e realizzò quell'opera o, viceversa, nel tentativo di riprodurla si troverebbe ad affrontare problematiche non dissimili da quelle gestite dagli antichi artefici, e quasi assimilabili a sfide rispetto alle particolari specificità dell' edificio? Potrebbe sicuramente disporre di una tecnologia più evoluta e di mezzi più efficienti, ma riuscirebbe a ottenere il medesimo risultato in tempi minori, con costi minori, con un risultato funzionale ed estetico maggiore? Ma, soprattutto, l'opera finale reggerebbe il peso di due millenni di storia?
In campo medico invece appare del tutto evidente l'evoluzione quasi incalcolabile di una disciplina che ha inciso in modo quasi, oserei dire, divino sui destini dell umanità. Ho utilizzato non a caso il termine "Divino", poiché il risultato più eclatante di tale progresso è rappresentato dal prolungamento della vita stessa oltre limiti impensabili nel passato, quando un 40enne veniva sostanzialmente considerato anziano. Quale elemento determina,quindi, la specificità della medicina?
La risposta a tale domanda rappresenta lo scopo e la natura di questo e,se graditi, degli eventuali miei prossimi interventi. La nostra professione è l'unica nei cui confronti sono state utilizzate le definizioni più disparate: magia, arte, stregoneria, esercizio mistico, pratica empirica affidata di volta in volta a personaggi più attinenti al folclore che alla conoscenza. Solo da qualche secolo riconosciuta come scienza, oggetto di ricerca, studio, elevata alla dignità di formazione universitaria, infine disciplina ad elevato impatto tecnologico. Ma una caratteristica rappresenta l' incontrovertibile e fondamentale anima della scienza medica: l'Umanesimo. La Medicina è profondamente connaturata alla natura umana, e ne segue l'evoluzione in modo completamente differente rispetto a quanto avviene in altri campi della conoscenza. Ad esempio, come dicevamo,rispetto all' ingegneria. Ma in modo, non a caso, molto più simile alla filosofia. Quali sono dunque le implicazioni concrete, pratiche, di tali affermazioni? Credo siano attinenti alla formazione. La formazione medica dovrebbe tenere conto di questa specificità. Il giovane medico dovrebbe avere modo di approfondire gli aspetti più strettamente umanistici della professione che ha scelto di intraprendere. Quali aspetti formativi , a mio parere, dovrebbe integrare il percorso formativo Universitario e post-universitario Medico? Mi permetto di suggerire, certo, in modo esemplificativo, un possibile "elenco" .
-Storia della medicina
-Fondamenti di Filosofia
-Psicologia applicata allo stato di malattia
-Tecniche di comunicazione
-Elementi di Antropologia culturale
Mi si perdoni se tale visione può apparire , per certi tratti, "velleitaria". Ma è mia convinzione che un Medico, forse unico tra tutte le altre figure professionali, non può limitarsi a essere un ottimo Professionista. Un Medico ha l'obbligo di essere un uomo tendente al costante miglioramento di se stesso e delle proprie abilità, guidato da una sensibilità affinata dalla costante attenzione e osservazione dell'ambiente in cui opera, ispirato dalla pervicace esigenza di affinare la propria capacità di comprensione della natura umana. Ogni paziente dovrebbe costituire l'inizio di una affascinante esplorazione, volta alla scoperta dell'altro ma, soprattutto, di se stessi. La pratica medica ci regala lo stimolo all' introspezione attraverso il continuo confronto con uno dei peggiori avversari ,spesso subdolo ed imperante nel mondo che ci circonda: la malattia.
Saranno questi i temi su cui tenterò, pur consapevole dei miei limiti, di proporre riflessioni che, spero, possano suscitare il vostro interesse.